Finalità di questo Blog

Lo scopo di questo Blog "150° Unità d'Italia" è quello di raccogliere tutte le informazioni relative all'evento, e denunciare il tentativo di strumentalizzare la Storia ai fini anti italiani, così come denunciare l'impegno Istituzionale nel far passare questo importante traguardo il più inosservato possibile.

venerdì 13 novembre 2009

Il Punto di vista di chi ...l’Italia l’ha fatta !

Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Il Secolo XIX” del 07 Ottobre 2009

di Debora Badinelli

A pochi mesi dalla visita che, in occasione della campagna elettorale per le elezioni europee, l’Erede di Casa Savoia fece a Chiavari, accetta di entrare nel dibattito aperto dallo storico locale Giorgio "Getto" Viarengo che ha invitato il Levante a riscoprire le proprie radici risorgimentali e a far parte del comitato nazionale per i festeggiamenti del 2011, anniversario della nascita del Paese unito.
Emanuele Filiberto si sofferma sulla figura di Vittorio Emanuele II, che a Chiavari è ricordato con un monumento in piazza Nostra Signora dell’Orto, ma parla anche di politica.

Vive l’attesa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia?
"Per Casa Savoia è un evento molto sentito, e siamo molto preoccupati per come le Istituzioni stanno gestendo questo anniversario così importante per tutti gli Italiani. Sa, nel celebrare l’Unità d’Italia si celebrano i nostri Valori, quelli per cui siamo considerati un grande popolo ed un Paese unico al mondo. Non farlo degnamente sarebbe assurdo! Oltretutto sarebbe una grande opportunità di marketing territoriale per rilanciare il Turismo con appositi eventi sparsi per il territorio, altro che spendere miliardi per "grandi opere" con la scusa dell’anniversario!"

Casa Savoia darà un contributo (culturale-storico) al comitato nazionale per le celebrazioni?
"Abbiamo realizzato una mostra itinerante "Casa Savoia, storia di una famiglia italiana" in cui per la prima volta dal 1933 vengono esposti i cimeli di Casa Savoia in un percorso che da Re Umberto II e Maria Josè ci porta fino al Risorgimento e al Padre della Patria Re Vittorio Emanuele II. La prima tappa è stata Cortina d’Ampezzo e ha riscosso un enorme successo di visitatori. Per l’inverno sarà a Milano, poi a Padova, Trieste, Torino, Palermo, Roma. Stiamo anche trattando con Genova; sarebbe un vero peccato non coinvolgere la Liguria, è una regione tanto amata da Casa Savoia, basti pensare che proprio qui la Regina Margherita volle trascorrere gran parte della sua vecchiaia."

Vittorio Emanuele II fu il primo sovrano del Paese unito. Che cosa le hanno raccontato i Genitori e la Famiglia del Suo Antenato? Con quali ideali affrontò il Risorgimento e il processo dell’Unità?
"Re Vittorio Emanuele II è, insieme al Duca Emanuele Filiberto, l’avo che ammiro di più. In lui si sono concentrati il senso dello Stato, la visione prospettica del futuro, l’acume politico e soprattutto una grande umanità e semplicità.
Ancora oggi nelle valli del Piemonte e della Valle d’Aosta, in cui il Re andava spesso per ritrovare la sua dimensione privata, le persone si ricordano di questo Sovrano. Semplice, spesso ruvido, vestito di abiti di montagna, intento a cacciare o a mangiare in compagnia dei valligiani.

Credo che Re Vittorio Emanuele II abbia saputo comprendere che la spinta Risorgimentale doveva essere guidata e incanalata. Senza la sua guida l’Italia sarebbe ancora divisa.
Ha compreso che l’Ideale Risorgimentale era qualcosa che veniva condiviso da tutti per la voglia di riscatto del Popolo Italiano. Ha anche capito che la forza dell’Italia Unita stava nell’essere una Patria di molte piccola Patrie.

I problemi che viviamo oggi con le lotte tra Nord e Sud non ci sarebbero mai state con il decentramento voluto da Casa Savoia per il neonato Regno."


Se dovesse spiegare alle Sue Figlie il significato del Risorgimento come lo descriverebbe? Cercando di trasmettere Loro quali valori?
"E’ il momento culminante dei Valori della Patria. E’ la massima espressione delle aspirazioni millenarie del popolo italico, il punto in cui si è concentrata la volontà e la forza per rendere finalmente Unita la culla delle Arti e della Cultura che tutto il mondo ha sempre riconosciuto alla Penisola Italica divisa e che nel 1861 diventava finalmente non più "un’espressione geografica", ma uno Stato forte ed unito tanto da arrivare ad essere Grande Potenza già nel 1888.
Sono i Valori del Risorgimento, quelli con cui sono cresiuto e che trasmetto a Vittoria e Luisa: il rispetto, la famiglia, le nostre radici Cristiane, il senso dello Stato."


Ci sono ideali, insegnamenti di Vittorio Emanuele II validi ancora oggi?
"Credo che il più grande insegnamento di Re Vittorio Emanuele II sia di essere semplicemente autentici. Rispettosi delle tradizioni e dei Valori senza scordare che siamo umani e che per questo possiamo sbagliare.

Un Re deve essere l’espressione dello Stato e lo Stato è composto per lo più da cittadini comuni, quelli che ogni giorno lavorano con fatica per la propria famiglia e per i figli.
Re Vittorio Emanuele II ha incarnato con un secolo d’anticipo il tipo di Sovrano che troviamo oggi nelle moderne monarchie europee. Vicino al suo popolo, unito al suo popolo."


Il dibattito politico ripropone piuttosto spesso il dibattito sull’unità del Paese. Qual è la sua opinione?
"Ci sono forze potenti in Italia che vogliono scardinarne l’Unità. In primis la Lega. C’è la volontà di distruggere ciò che si è creato con fatica e sacrificio. Non comprendono che se l’Italia fosse divisa verrebbe spazzata via dallo scenario politico mondiale, si ridurrebbe ad un ammasso di piccoli stati insignificanti nello scacchiere internazionale con ripercussioni gravissime per la vita di tutti i nostri cittadini.

L’Italia ha certamente bisogno di una profonda riforma nella gestione delle risorse. Non è accettabile che solo poche regioni del Nord sostengano l’intera economia del Paese. Questo però è accaduto a causa dell’abrogazione del Regio Decreto sul Decentramento avvenuta nel 1971. Quel decreto era l’essenza del vero federalismo fiscale. Ogni comune e provincia d’Italia si tratteneva la maggioranza degli introiti fiscali e ne mandava a Roma solo una piccola parte.

Dopo il 1971 tutto è cambiato e siamo agli attuali estremi. Come vede la Lega dice parecchie bugie. Con Casa Savoia il federalismo fiscale c’era già"


Tratto da http://www.emanuelefiliberto.eu/

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Indice degli articoli correlati


Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Libero” del 23 Agosto 2009

Estratto dell’intervista a SAR il Principe Emanuele Filiberto di Savoia
apparsa su “Il Secolo XIX” del 07 Ottobre 2009

“I valori risorgimentali alla base dello Stato”
a cura di Vettor Maria Corsetti
Tratto da : Movimento Monarchico Italiano - Numero Unico di Marzo 2011
 

Tutto sulla mostra Itinerante


"Casa Savoia : Storia di una Famiglia Italiana"



martedì 10 novembre 2009

I giovani e l'Unità d'Italia dimenticata

I giovani e l’Unità d’Italia dimenticata
I ragazzi tra i 18 e i 24 anni non «sentono» l’anniversario Uno su due ritiene il tema non attuale

Non sono bastate le polemiche, gli appelli, i richiami ufficiali. La gran parte degli italiani non sa che nel 2011 ricorre il centocinquan­tesimo dell'Unità d’Italia. Al riguardo, i giovani tra i 18 e i 24 anni sono legger­mente più informati degli altri: potere di Internet? Forse. Però se si chiede lo­ro di esprimere un’opinione sul senso di quell’evento storico, quasi la metà è d’accordo nel ritenerlo poco o per nul­la attuale. Ancora meno sono, a diffe­renza degli adulti, i giovani che se ne sentono «coinvolti personalmente». Sono curiosamente i ventenni a mostra­re invece maggiore preoccupazione economica e ad auspicare che l’Unità venga celebrata limitando al minimo le spese. Maggior senso di responsabilità rispetto ai cittadini di età matura o mi­nore interesse? Chi può dirlo, forse semplicemente più indifferenza.

La fiducia nella scuola è scarsa (lo si sapeva), tanto che solo il 30 per cento degli italiani considera utili i «progetti didattici» sull’argomento elaborati con i professori. E uno su dieci (non è po­co), con punte più alte tra i giovani, fa­rebbe volentieri a meno di qualunque tipo di celebrazione. Le iniziative cultu­rali di largo consumo allettano più gli anziani che i giovani (quasi il 25 per cento), ai quali non dispiacerebbe affi­darsi a grandi eventi spettacolari maga­ri di richiamo internazionale (17 per cento): concerti, manifestazioni sporti­ve, feste, occasioni di incontro e di scambio. Non si parli di fiction tv (4,3), semmai di monumenti-simbolo (8,7) da lasciare in eredità ai posteri.

L'Unità d’Italia, insomma, divide in due il Paese. Non in modo cruento, ma lo divide: le giovani generazioni se ne sentono distanti e poco motivate. Non tutto, però, è perduto, almeno a giudi­care dalle interviste (disponibili su You­Tube) che il Comitato Italia 150 ha fat­to a un gruppo di studenti piemontesi delle scuole superiori, chiamati a dire la loro sul centocinquantesimo, a espri­mere consigli e auspici. Ascoltare per credere. In genere il 2011 viene percepi­to come un’occasione: per migliorare i rapporti Nord-Sud, per offrire all’este­ro un'immagine che cancelli i soliti cli­ché italioti, per migliorare l'integrazio­ne degli immigrati, per favorire gli scambi generazionali, per conoscere meglio la Costituzione, per aprirsi al­l’Europa, eccetera eccetera. In definiti­va, dal campione intervistato si coglie facilmente un'insoddisfazione diffusa per lo status quo: sul piano economico, socio politico, culturale. Tutto va bene, tranne insistere sull'esistente.

Valentina, terzo anno dell’Istituto tecnico Mossotti di Novara, si dice pre­occupata dalle differenze persistenti tra Nord e Sud e guarda all’estero: «L'Italia è un Paese conservatore, a dif­ferenza per esempio dell’Inghilterra: per noi è più difficile pensare a uno Sta­to più moderno». La sua compagna Fe­derica («L’Italia non è ancora uno Stato unico») si rammarica nel vedere il no­stro popolo sbeffeggiato all’estero, do­ve ci considerano «casinisti e rumoro­si »: «Più che l’Italia d’oggi, viene ap­prezzato il nostro passato, arte e sto­ria ». Sono loro le prime a cogliere il ba­ratro generazionale: «Gli adulti — dico­no — sono più chiusi agli stranieri, mentre noi siamo ormai quotidiana­mente abituati all’integrazione, a scuo­la abbiamo a che fare più con immigra­ti che con italiani».

Al Convitto Umberto I di Torino (li­ceo classico e scientifico) i ragazzi che rispondono sulle aspettative della ricor­renza, parlano di «nuovo inizio», come se il secolo e mezzo trascorso fosse ser­vito a ben poco e sia bene ripartire da zero. C’è chi individua nel 2011 una tap­pa importante per «ritrovare la nostra unità». Ritrovare. E i più si augurano di non rimanere emarginati dal mondo dei «grandi». Tema ricorrente: chiedo­no di venire coinvolti il più possibile. Come? Niente congressi, niente semi­nari o simposi, niente mostre storiche, niente gadget. Musica, teatro, cinema, videoclip, sport e feste, incontri che sia­no capaci di divertire e magari di acco­munare anche al di là delle frontiere: «Qualcosa che ci unisca» è l’augurio più ricorrente, «magari con scambi tra città lontane». E, perché no, aprendo anche i confini internazionali. Si passa dai piccoli eventi locali ai mega eventi nelle grandi città. La parolina «evento» è sulla bocca di (quasi) tutti. Pochi han­no voglia di tornare a riflettere sulla storia e sui personaggi-simbolo, tanto meno in sedi istituzionali: «Niente di noioso, please, e più spazio ai giova­ni ».

Altra questione, quella posta a suo tempo da Massimo d’Azeglio: fatta l’Ita­lia, bisogna ancora fare gli italiani? No­nostante l’esibita fierezza di dirsi italia­ni, le risposte riflettono i dibattiti politi­ci di questi tempi: «Finché si pensa so­lo alla propria regione, non si può par­lare di un Paese davvero unitario». Op­pure: «Le divisioni sono ancora tantis­sime ». Oppure: «Tra Nord e Sud c’è una differente concezione di nazione e di società». Oppure: «Siamo più con­centrati sugli aspetti economico-politi­ci del nostro Paese, mentre dovremmo puntare sull’orgoglio culturale che ci accomuna». Oppure: «Il senso di appar­tenenza è più regionale che naziona­le ». Oppure: «Siamo ancora pieni di pregiudizi reciproci». Dulcis in fundo: «Più che pensare all’Italia dovremmo pensare all'Europa».

Distinguere tra i luoghi comuni da talk show e le reali preoccupazioni non è facile, ma intanto i temi sono questi, c’è poco da fare, e virano sul pessimi­smo. Specie quando il tutto viene pro­iettato nel futuro, la vera inquietudine degli intervistati: la nebulosa è l’avveni­re ben più che l’interrogazione storica e lo sguardo all’indietro. Lo conferma Marina Bertiglia, ex provveditore agli Studi di Torino, che per il Comitato Ita­lia 150 è da un anno responsabile della formazione didattica e come tale si oc­cupa di elaborare i progetti scolastici in vista del 2011: «I ragazzi sono sensi­bili alla storia solo se la storia si tradu­ce in fatti concreti che abbiano effetti nell’oggi e nel domani. Rifiutano la ce­lebrazione come tale: chiedono di esse­re coinvolti emotivamente, di avere i lo­ro spazi e di capire meglio come sarà il loro futuro».

Fosse facile, verrebbe da replicare, in un Paese per vecchi, come il nostro: «Nell’ottobre 2008 — ricorda Bertiglia — abbiamo promosso un concorso per decorare la recinzione di un cantiere, chiedendo alle scuole di preparare testi o immagini sul tema 'ieri oggi doma­ni' ». Risultato? «Le immagini puntava­no sui personaggi famosi, da Mike Bon­giorno agli Agnelli, e sui prodotti del made in Italy». E i testi? «Sulla sfiducia nel presente e sull’incertezza del futu­ro ». Si può anche decidere tranquilla­mente di ignorare le insoddisfazioni, le lacune e le attese dei nostri giovani, ma in occasione del centocinquantesimo sarebbe un errore più grave del solito.

Paolo Di Stefano
10 novembre 2009

http://www.corriere.it/cronache/09_novembre_10/paolo_di_stefano_i_giovani_e_l_unita_d_italia_dimenticata_80a28ec8-cdd2-11de-9a32-00144f02aabc.shtml

Fini : Nostra bandiera è motivo d'orgoglio

Unità d’Italia – Fini : Nostra bandiera è motivo d’orgoglio

Roma, 9 nov. - (Adnkronos) - Solenne e festosa cerimonia al Convitto nazionale Vittorio Emanuele II con il presidente della Camera Gianfranco Fini che ha presenziato alla cerimonia dell'alzabandiera nel cortile del prestigioso istituto. E' stata l'occasione per il presidente della Camera per auspicare che ogni scuola italiana abbiamo modo di riflettere adeguamente sul significato del Tricolore in vista delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unita' d'Italia.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/UNITA-DITALIA-FINI-NOSTRA-BANDIERA-E-MOTIVO-DI-ORGOGLIO-PER-OGNUNO_3971545373.html

lunedì 9 novembre 2009

Placido e la Storia sbagliata che fazio non vuol correggere

Placido e la Storia Sbagliata che Fazio non Vuole Correggere

Pagina 8 - (2 novembre 2009) - Corriere della Sera
Di Galli Della Loggia Ernesto

Sabato sera, ospite della trasmissione di Fabio Fazio «Che tempo che fa», Michele Placido, dopo aver rievocato le proprie origini lucane ha fornito la sua versione di ciò che secondo lui accadde nell' Italia meridionale nel 1860 e subito dopo. Ripeto a memoria, ma sicuro di ricordare più o meno alla lettera (del resto esiste di certo una registrazione): «Quando ci fu l' annessione arrivarono dal nord le truppe italiane... piemontesi, e cominciarono subito i massacri. Migliaia e migliaia di giovani furono messi al muro, così, e fucilati. Paesi interi distrutti: queste cose nessuno le sa ma vanno finalmente dette. Fu una strage». Altro che Unità d' Italia. Piuttosto una specie di anticipazione dell' arrivo in Bielorussia delle WaffenSS , si direbbe. Il tutto proclamato con tono ispirato, dopo essersi girato sulla poltrona verso il pubblico bue che, sollecitato dal condiscendente sorrisino del presentatore, non ha fatto mancare il suo caloroso applauso alle scempiaggini appena udite. Alla fine, però, Michele Placido non ha colpa più di tanto. Che obbligo ha, lui, infatti, di sapere, come sono andate veramente le cose? E cioè che subito dopo l' Unità ci fu nel Sud una sollevazione contadina, sobillata anche dal clero reazionario e dai borbonici, contro i «piemontesi» sì, ma anche contro tanta parte migliore della società meridionale? che, come capita sempre in queste circostanze, la ferocia fu da ambo le parti? che se i bersaglieri fucilavano, i loro avversari decapitavamo, mutilavano, castravano? Ma che ne sa Placido di tutto questo? Egli è solo uno dei tanti italiani che ha una conoscenza raffazzonata e per sentito dire della storia del suo Paese, intessuta della panzane politico-ideologiche che gli è capitato di leggere sui libri sbagliati e più probabilmente di orecchiare. La controparte meridionale della cultura del leghismo. Quello che è grave - mi verrebbe da scrivere vergognoso, ma lasciamo perdere - è che a questa ignoranza presti i suoi mezzi il servizio pubblico televisivo: «italiano», fino a prova contraria. Con i suoi presentatori non saprei dire se più ignoranti o più timorosi di opporsi, sia pure con una sola parola, ai luoghi comuni accreditati.

http://archiviostorico.corriere.it/2009/novembre/02/Placido_Storia_Sbagliata_che_Fazio_co_9_091102043.shtml

venerdì 6 novembre 2009

4 novembre e Unità Nazionale

Le manifestazioni di commemorazione
4 novembre - Unità Nazionale

Redazione, 06.11.2009

(Ariccia - Appuntamenti) - Ariccia celebra l'Unità d'Italia e rende onore ai suoi caduti domenica 8 novembre presso il monumento ai caduti. Il programma della giornata, organizzata dalla sezione ariccina dell'Associazione Combattenti e Reduci, inizia alle 9 con l'esecuzione di inni patriottici per le vie della città da parte della Banda musicale "Città di Ariccia". Alle 9:45 è previsto il raduno della cittadinanza intervenuta presso piazza San Nicola e da qui partenza del corteo verso il Parco della Rimembranza. Alle 10 alzabandiera ed esecuzione dell'Inno Nazionale a cui seguirà la deposizione di corone di alloro da parte delle autorità. Si proseguirà con la Messa al campo in suffragio dei caduti di tutte le guerre e delle vittime innocenti del terrorismo celebrata dal parroco Monsignor Aldo Anfuso. La lettura della preghiera dei caduti, poi, precederà il saluto del Presidente dei combattenti e reduci, la commemorazione tenuta dal Sindaco Emilio Cianfanelli e l'intervento del Generale Rocco Viglietta, vicepresidente dell'Associazione Nazionale Artiglieri d'Italia. Alle 11:30 è prevista la premiazione degli alunni della scuola media statale vincitori del concorso indetto dall'Associazione dei Combattenti e Reduci sul tema: "Siamo alla soglia dei 150 anni dell'Unità d'Italia, un'unità che oggi appare minata sia da esigenze particolaristiche sia dalla realtà variegata del mondo globalizzato. L'idea di nazione però andrebbe riaffermata e riscoperta dalle nuove generazioni, non solo attraverso l'appropriarsi della propria identità di popolo, ma anche attraverso la concreta applicazione di principi di accoglienza, di solidarietà e di fratellanza nei confronti di chi è diverso". Consegnati i premi via, alle 13, al tradizionale rancio sociale.

Tratto da http://www.castellinews.it

martedì 3 novembre 2009

Festa dell'Unità nazionale a Roma

La Festa dell’Unità Nazionale a Roma

03 novembre 2009

Dal 4 novembre prossimo, con la Festa dell’Unità Nazionale e La Giornata delle Forze Armate, contraddistinte dal logo che sotto le tre bandiere riporta la scritta ‘1861-2011. 150° anniversario Unità d’Italia’, prendono il via le grandi celebrazioni per l’Unità Nazionale, che proseguiranno nel 2010 con il 140° anniversario di Roma Capitale e nel 2011 con il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Le celebrazioni ufficiali avranno inizio a Roma il 4 novembre, quando alle ore 9.00, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, deporrà una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto sull’Altare della Patria al Complesso del Vittoriano.

Termineranno invece domenica 8 a Piazza del Popolo, con l’esibizione delle Frecce Tricolori, della fanfara dei bersaglieri, delle bande militari, del coro dell’Associazione Nazionale Alpini e del concerto finale del Maestro Renzo Arbore accompagnato dall’Orchestra Italiana.

Tratto da : Cut-tv in

150 anni di Unità italiana

150 anni di Unità italiana

Di : Roberto Vittucci Righini

La Storia
Il 17 marzo 1861 mancava ancora l’annessione di Roma ma venne ugualmente proclamato che l’Italia aveva cessato di essere un insieme di Stati e Staterelli per diventare finalmente una Nazione, il “Regno d’Italia”.
Prima capitale del nuovo Stato unitario fu automaticamente Torino, poi sostituita nel 1865 dalla più centrale Firenze; occorrerà quindi attendere la presa di Roma il 20 settembre 1870 con conseguente annessione dello Stato pontificio, per avervi doverosamente la sede del Sovrano e del Governo.
Detto così sembra quasi che si sia trattato di una passeggiata, di qualcosa di facile e quasi automatico, ma la storia vera e non quella da burletta propinataci a turno dai leghisti e da umoristici seguaci di separatisti liguri, napoletani e siciliani, ci insegna che dovettero trascorrere centinaia di anni con decine e decine di generazioni, prima che uomini illuminati (condottieri, statisti, combattenti ed intellettuali) riuscissero a darci la Patria Italia cacciando anche gli eserciti stranieri che ne occupavano parte per sé od a sostegno di altri, in particolare dello Stato pontificio.
Occorrerà poi ancora circa mezzo secolo prima che si potessero liberare ed annettere Trento e Trieste, completando l’unità dell’Italia con la vittoria del 4 novembre 1918.

I protagonisti
A seguire i mass media sembrerebbe che l’unità d’Italia sia stata opera dei soli Cavour e Garibaldi, con il modesto concorso di Mazzini.
Nessuno ricorda Re Vittorio Emanuele II che dopo Re Carlo Alberto alzò il Tricolore portandolo a sventolare su tutta la penisola;
nessuno - e qui è lampante la malafede di tanti pretesi storici che parlano dei 150 anni di unità italiana - riconosce e da atto che senza Casa Savoia, vale a dire la Dinastia che regnava sullo Stato Sardo-piemontese, l’Italia sarebbe probabilmente ancora oggi una accozzaglia di staterelli.
Cosa avrebbe potuto fare il Conte Camillo Benso di Cavour se non fosse stato nominato Primo ministro da Re Vittorio Emanuele II e non ne avesse assecondato la volontà di unificare la penisola, affiancando con la sua intelligenza politica la decisione ed il valore di combattente del Sovrano?

Chi si ricorderebbe più di Cavour qualora anziché nella Torino sabauda fosse nato nella Roma pontificia o nella Napoli borbonica?

A chi si sarebbe rivolto Giuseppe Garibaldi per consegnare il Meridione conquistato dalla spedizione dei Mille, con navi e armi fornite da Casa Savoia?
Forse allo spodestato Francesco II di Borbone o a Papa Benedetto IX, se non addirittura all’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che con le proprie truppe ancora occupava le tre Venezie?
Per cosa, oltre che quale mandante di attentato alla vita di Re Carlo Alberto o membro del Triunvirato autoproclamatosi reggente della ectoplasmica Repubblica romana, potrebbe venir ricordato Giuseppe Mazzini?
E allora? Allora cerchino di essere seri e la smettano di prendere in giro gli Italiani, riconoscendo che il primo vero, autentico ed indiscutibile Padre della Patria fu Re Vittorio Emanuele II che la unificò con l’aiuto di uomini (politici e militari) da lui scelti.

Il Risorgimento
Per poter dare addosso all’unità d’Italia ed a Casa Savoia è indispensabile accusare i protagonisti del Risorgimento di misfatti e prevaricazioni e, nel contempo, tentar di glorificare i vinti che si batterono - o in molti casi meglio sarebbe dire, si arresero - contro gli uomini, che l’Italia fortemente vollero e realizzarono.
Di qui talune leggende che vorrebbero il Regno delle Due Sicilie all’avanguardia in tanti campi dall’industria (che nessuno ha mai potuto spiegare in cosa consistesse) all’agricoltura, contrapposto al Regno Sardo-piemontese indebitato e retrogrado.

Che il Regno di Sardegna avesse debiti è logico prima ancora che legittimo; le guerre per liberare l’Italia dagli interessi e dagli eserciti stranieri avevano avuto un notevole costo non solo di sangue (versato abbondantemente dagli abitanti del Nord ai quali si erano aggiunti illuminati ma non certo molto numerosi patrioti del resto d’Italia, come risulta anche da ricerche dell’Ufficio storico dell’Esercito che ha calcolato in poco più di venti i volontari del Meridione che presero parte alla Seconda Guerra di Indipendenza contro l’Austria nel 1859) ma anche di denaro uscito oltre che dalle casse del Regno sabaudo da quelle di generosi privati che avevano concorso anche economicamente all’unità nazionale.
Dall’aver debiti anche ingenti, alla pretesa che siano stati ripianati dal vuoto contenuto dei forzieri del Regno delle Due Sicilie il passo è lungo; in verità, invece, il “Regno d’Italia” si trovò indebitato oltre che dalle spese delle guerre d’indipendenza, dal disavanzo ereditato dall’amministrazione borbonica.

Debiti che, detto per inciso, vennero poi saldati e non lasciati a carico delle generazioni future, come quelli costantemente in aumento che accumulano i governi di questa repubblica.

Altra leggenda vuole che il Regno delle Due Sicilie si sia arreso a seguito del tradimento di taluni suoi generali, al quale si sarebbe contrapposto l’eroismo e la voglia di combattere delle truppe.
Da Marsala a Teano i Garibaldini non passeggiarono ma quasi, aumentando le loro file con volontari locali.

Anche il tentativo di spacciare per patrioti borbonici i briganti che taglieggiavano la oopolazione, è stato ampiamente smentito; delinquenti erano sotto i Borbone e delinquenti sono rimasti, sino alla loro eliminazione, sotto i Savoia.

Non si intende qui negare che vi siano state nel Risorgimento anche pagine negative, ma è sicuro che ogni grande impresa - e quella compiuta da Re Vittorio Emanuele II con l’unità della Patria certamente lo è stata - può presentare lati oscuri che non ne intaccano comunque minimamente il valore effettivo.

Federalismo
Se la Storia (quella vera e non già quella distorta insegnata da docenti che in buona parte la ignorano per non averla studiata nemmeno loro) ci insegna che l’Italia fu unificata dalla Monarchia e più precisamente da Casa Savoia, l’attualità ci dimostra che l’unità è messa in pericolo dalla repubblica che nel 1970 cominciò a minarla istituendo le regioni ordinarie e che ora tollera che si tenti di trasformare lo Stato Unitario in uno Stato federale.
Con precedimento inverso a quanto abitualmente avviene nella costruzione di Stati federali che si formano con l’aggregrazione di territori spinti da interessi comuni o da fattori contingenti (si pensi agli Stati Uniti d’America, alla Svizzera dei Cantoni, alla Germania dei Länder, all’Olanda dei Fiamminghi e Valloni e più recentemente alla Malesia) in Italia accantonata la provocazione leghista del separatismo (insensata e risibile anche solo nella sua enunciazione) si tende a costruire uno Stato federale per disgregazione dello Stato unitario.
Per tentar di realizzare tale deprecabile progetto i suoi fautori si muovono su due fronti: attacco all’Italia unita, a partire dal Risorgimento, ed alla sua artefice Casa Savoia, e contemporanea esaltazione (parlare di rivalutazione è chiaramente eccessivo ed antistorico) delle amministrazioni precedenti, in
particolare di quelle borboniche, absburgiche e papaline.

L’unità d’Italia comportò tra l’altro comunanza per tutti gli abitanti degli Stati che la composero, di lingua, leggi, ordinamento amministrativo, finanze, scuola, sanità, leva militare obbligatoria, moneta e via via, sino ad una Bandiera ed un inno nazionale comuni.

Abolita la leva militare obbligatoria, utile anche ad amalgamare giovani provenienti dalle diverse parti d’Italia, gli attacchi sono ora partiti contro la lingua italiana che vorrebbero sostituita o quanto meno affiancata dai dialetti locali, contro la finanza che si vuole regionale in base al principio che le regioni povere devono diventarlo sempre di più, al Tricolore, simbolo della Patria, che si vorrebbe in un con l’Inno nazionale (attualmente quello di Mameli) sostituiti da bandiere e musiche locali, ecc., ecc.
Talune di tali assurde pretese dirette a disgregare l’unità nazionale, rimarranno semplici provocazioni ma il fatto che vengano lanciate da un partito al governo le qualifica come pericolose in quanto capaci di incidere nei pensieri e nella mente dei più deboli.

L’Italia unita, voluta e realizzata da Casa Savoia, dopo 65 di repubblica seguiti agli 85 di Monarchia, presenta crepe che vanno stuccate ed eliminate; un forte collante a tal fine potranno essere le celebrazioni del 2011, che dovrebbero comprendere la tumulazione nel Pantheon in Roma dei due Re e delle due Regine d’Italia attualmente sepolti all’estero, atto doveroso verso la Dinastia di Savoia che fortemente volle, perseguì e conseguì l’unità della Patria.
Non venga persa l’occasione!
Tratto da : Italia Reale