Finalità di questo Blog

Lo scopo di questo Blog "150° Unità d'Italia" è quello di raccogliere tutte le informazioni relative all'evento, e denunciare il tentativo di strumentalizzare la Storia ai fini anti italiani, così come denunciare l'impegno Istituzionale nel far passare questo importante traguardo il più inosservato possibile.

lunedì 26 luglio 2010

"Sono solo canzonette !"


“Sono solo … canzonette !”
Bennato ed il Brigantaggio
di Giuseppe Polito
7 marzo 2010
“L’Italia è un paese ingovernabile e con questa ingovernabilità dobbiamo fare i conti tutti i giorni. Ho girato il mondo ma poi quando torno a casa mi rendo conto che Bagnoli è una polveriera.
Parlo di Vittorio Emanuele II di Savoia, perché il patto di Teano segnò la nascita del brigantaggio, personaggi leggendari che difendevano la povera gente dagli aguzzini e dai tiranni. Sono passati centocinquant’anni dall’Unità d’Italia ma oggi nell’ex Regno delle Due Sicilie esiste un’entità, che possiamo chiamare camorra, mafia o ‘ndrangheta, che si è assunta il compito di difendere la gente dagli strumenti del potere che al Sud vengono percepiti  come ostili. Ci accingiamo a festeggiare i centocinquant’anni di Unità in un caos totale ed ormai sappiamo bene che chi si ostina a tentare di governare questo caos in modo tronfio o applicando le regole del più banale patriottismo rischia di farsi male…Non faccio lezioni di geopolitica e non parlo in aule universitarie: io scrivo canzonette e devo divertire un pubblico che va dai bambini di 5 anni in su”. Questa la dichiarazione del cantautore napoletano Edoardo Bennato alla stampa, in occasione della presentazione del suo ultimo album dal titolo “Le vie del rock sono infinite”., nel quale vi sono due canzoni “C’era un re” e “Il capo dei briganti” ove l’artista esterna le sue idee storiche. Dichiarazioni farneticanti come sempre capita a personalità di quella “intellighenzia” nostrana conformista e rivoluzionaria, col cuore a sinistra ed il portamonete a destra…
Bene ha fatto lo storico Giordano Bruno Guerri quest’oggi sulle pagine culturali del “il Giornale” a rispondere a Bennato, che sarà ospite in serata del salotto letterario di Fazio su RaiTre, ricordando che “…il brigantaggio esisteva da ben prima, spesso con connotazioni esclusivamente criminali, e si era opposto a Murat quasi quanto ai Savoia”. Non siamo d’accordo col Guerri quando si lascia anche lui prendere dai sentimenti nostalgici sul grande brigantaggio, definendolo “guerra civile fra una parte considerevole delle popolazioni meridionali e l’esercito che quelle stesse popolazioni continuavano a chiamare piemontese”.
E’ troppo chiedere ad entrambi di leggere qualche pagina del sottoscritto sul brigantaggio? A Bennato che ammiriamo come artista delle sette note, consigliamo di continuare a scrivere “canzonette”, al dottor Guerri di non essere uno Sgarbi del Risorgimento!
Giuseppe Polito
Direttore della Biblioteca Storica
Regina Margherita
Pietramelara (CE)

lunedì 19 luglio 2010

150 anni di Unità d'Italia

150 anni di Unità italiana

Di : Roberto Vittucci Righini

Novembre 2009

La Storia

Il 17 marzo 1861 mancava ancora l’annessione di Roma ma venne ugualmente proclamato che l’Italia aveva cessato di essere un insieme di Stati e Staterelli per diventare finalmente una Nazione, il “Regno d’Italia”.

Prima capitale del nuovo Stato unitario fu automaticamente Torino, poi sostituita nel 1865 dalla più centrale Firenze; occorrerà quindi attendere la presa di Roma il 20 settembre 1870 con conseguente annessione dello Stato pontificio, per avervi doverosamente la sede del Sovrano e del Governo.


Detto così sembra quasi che si sia trattato di una passeggiata, di qualcosa di facile e quasi automatico, ma la storia vera e non quella da burletta propinataci a turno dai leghisti e da umoristici seguaci di separatisti liguri, napoletani e siciliani, ci insegna che dovettero trascorrere centinaia di anni con decine e decine di generazioni, prima che uomini illuminati (condottieri, statisti, combattenti ed intellettuali) riuscissero a darci la Patria Italia cacciando anche gli eserciti stranieri che ne occupavano parte per sé od a sostegno di altri, in particolare dello Stato pontificio.

Occorrerà poi ancora circa mezzo secolo prima che si potessero liberare ed annettere Trento e Trieste, completando l’unità dell’Italia con la vittoria del 4 novembre 1918.

I protagonisti

A seguire i mass media sembrerebbe che l’unità d’Italia sia stata opera dei soli Cavour e Garibaldi, con il modesto concorso di Mazzini.

Nessuno ricorda Re Vittorio Emanuele II che dopo Re Carlo Alberto alzò il Tricolore portandolo a sventolare su tutta la penisola;

nessuno - e qui è lampante la malafede di tanti pretesi storici che parlano dei 150 anni di unità italiana - riconosce e da atto che senza Casa Savoia, vale a dire la Dinastia che regnava sullo Stato Sardo-piemontese, l’Italia sarebbe probabilmente ancora oggi una accozzaglia di staterelli.

Cosa avrebbe potuto fare il Conte Camillo Benso di Cavour se non fosse stato nominato Primo ministro da Re Vittorio Emanuele II e non ne avesse assecondato la volontà di unificare la penisola, affiancando con la sua intelligenza politica la decisione ed il valore di combattente del Sovrano?

Chi si ricorderebbe più di Cavour qualora anziché nella Torino sabauda fosse nato nella Roma pontificia o nella Napoli borbonica?

A chi si sarebbe rivolto Giuseppe Garibaldi per consegnare il Meridione conquistato dalla spedizione dei Mille, con navi e armi fornite da Casa Savoia?

Forse allo spodestato Francesco II di Borbone o a Papa Benedetto IX, se non addirittura all’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che con le proprie truppe ancora occupava le tre Venezie?

Per cosa, oltre che quale mandante di attentato alla vita di Re Carlo Alberto o membro del Triunvirato autoproclamatosi reggente della ectoplasmica Repubblica romana, potrebbe venir ricordato Giuseppe Mazzini?

E allora? Allora cerchino di essere seri e la smettano di prendere in giro gli Italiani, riconoscendo che il primo vero, autentico ed indiscutibile Padre della Patria fu Re Vittorio Emanuele II che la unificò con l’aiuto di uomini (politici e militari) da lui scelti.

Il Risorgimento

Per poter dare addosso all’unità d’Italia ed a Casa Savoia è indispensabile accusare i protagonisti del Risorgimento di misfatti e prevaricazioni e, nel contempo, tentar di glorificare i vinti che si batterono - o in molti casi meglio sarebbe dire, si arresero - contro gli uomini, che l’Italia fortemente vollero e realizzarono.

Di qui talune leggende che vorrebbero il Regno delle Due Sicilie all’avanguardia in tanti campi dall’industria (che nessuno ha mai potuto spiegare in cosa consistesse) all’agricoltura, contrapposto al Regno Sardo-piemontese indebitato e retrogrado.

Che il Regno di Sardegna avesse debiti è logico prima ancora che legittimo; le guerre per liberare l’Italia dagli interessi e dagli eserciti stranieri avevano avuto un notevole costo non solo di sangue (versato abbondantemente dagli abitanti del Nord ai quali si erano aggiunti illuminati ma non certo molto numerosi patrioti del resto d’Italia, come risulta anche da ricerche dell’Ufficio storico dell’Esercito che ha calcolato in poco più di venti i volontari del Meridione che presero parte alla Seconda Guerra di Indipendenza contro l’Austria nel 1859) ma anche di denaro uscito oltre che dalle casse del Regno sabaudo da quelle di generosi privati che avevano concorso anche economicamente all’unità nazionale.

Dall’aver debiti anche ingenti, alla pretesa che siano stati ripianati dal vuoto contenuto dei forzieri del Regno delle Due Sicilie il passo è lungo; in verità, invece, il “Regno d’Italia” si trovò indebitato oltre che dalle spese delle guerre d’indipendenza, dal disavanzo ereditato dall’amministrazione borbonica.

Debiti che, detto per inciso, vennero poi saldati e non lasciati a carico delle generazioni future, come quelli costantemente in aumento che accumulano i governi di questa repubblica.

Altra leggenda vuole che il Regno delle Due Sicilie si sia arreso a seguito del tradimento di taluni suoi generali, al quale si sarebbe contrapposto l’eroismo e la voglia di combattere delle truppe.

Da Marsala a Teano i Garibaldini non passeggiarono ma quasi, aumentando le loro file con volontari locali.

Anche il tentativo di spacciare per patrioti borbonici i briganti che taglieggiavano la oopolazione, è stato ampiamente smentito; delinquenti erano sotto i Borbone e delinquenti sono rimasti, sino alla loro eliminazione, sotto i Savoia.

Non si intende qui negare che vi siano state nel Risorgimento anche pagine negative, ma è sicuro che ogni grande impresa - e quella compiuta da Re Vittorio Emanuele II con l’unità della Patria certamente lo è stata - può presentare lati oscuri che non ne intaccano comunque minimamente il valore effettivo.

Federalismo

Se la Storia (quella vera e non già quella distorta insegnata da docenti che in buona parte la ignorano per non averla studiata nemmeno loro) ci insegna che l’Italia fu unificata dalla Monarchia e più precisamente da Casa Savoia, l’attualità ci dimostra che l’unità è messa in pericolo dalla repubblica che nel 1970 cominciò a minarla istituendo le regioni ordinarie e che ora tollera che si tenti di trasformare lo Stato Unitario in uno Stato federale.

Con procedimento inverso a quanto abitualmente avviene nella costruzione di Stati federali che si formano con l’aggregazione di territori spinti da interessi comuni o da fattori contingenti (si pensi agli Stati Uniti d’America, alla Svizzera dei Cantoni, alla Germania dei Länder, all’Olanda dei Fiamminghi e Valloni e più recentemente alla Malesia) in Italia accantonata la provocazione leghista del separatismo (insensata e risibile anche solo nella sua enunciazione) si tende a costruire uno Stato federale per disgregazione dello Stato unitario.

Per tentar di realizzare tale deprecabile progetto i suoi fautori si muovono su due fronti: attacco all’Italia unita, a partire dal Risorgimento, ed alla sua artefice Casa Savoia, e contemporanea esaltazione (parlare di rivalutazione è chiaramente eccessivo ed antistorico) delle amministrazioni precedenti, in particolare di quelle borboniche, asburgiche e papaline.

L’unità d’Italia comportò tra l’altro comunanza per tutti gli abitanti degli Stati che la composero, di lingua, leggi, ordinamento amministrativo, finanze, scuola, sanità, leva militare obbligatoria, moneta e via via, sino ad una Bandiera ed un inno nazionale comuni.

Abolita la leva militare obbligatoria, utile anche ad amalgamare giovani provenienti dalle diverse parti d’Italia, gli attacchi sono ora partiti contro la lingua italiana che vorrebbero sostituita o quanto meno affiancata dai dialetti locali, contro la finanza che si vuole regionale in base al principio che le regioni povere devono diventarlo sempre di più, al Tricolore, simbolo della Patria, che si vorrebbe in un con l’Inno nazionale (attualmente quello di Mameli) sostituiti da bandiere e musiche locali, ecc., ecc.

Talune di tali assurde pretese dirette a disgregare l’unità nazionale, rimarranno semplici provocazioni ma il fatto che vengano lanciate da un partito al governo le qualifica come pericolose in quanto capaci di incidere nei pensieri e nella mente dei più deboli.

L’Italia unita, voluta e realizzata da Casa Savoia, dopo 65 di repubblica seguiti agli 85 di Monarchia, presenta crepe che vanno stuccate ed eliminate; un forte collante a tal fine potranno essere le celebrazioni del 2011, che dovrebbero comprendere la tumulazione nel Pantheon in Roma dei due Re e delle due Regine d’Italia attualmente sepolti all’estero, atto doveroso verso la Dinastia di Savoia che fortemente volle, perseguì e conseguì l’unità della Patria.

Non venga persa l’occasione!


Tratto da : Italia Reale